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Alcune testimonianze raccolte
In questi anni, ogni volta che si è presentata l’occasione di esprimere il mio parere di cittadino recandomi alle urne ho vissuto un’esperienza spiacevole, umiliante e altamente stressante, che ha inibito la mia determinazione a continuare a esercitare questo mio diritto e dovere.
Mi sono ritrovato a dover attendere il mio turno in fila con le donne, essendo il mio nome anagrafico ancora femminile e ancora inserito nel registro femminile degli elettori. Ho subito una grande sensazione di rabbia e di disagio nell’essere incanalato in un sistema logistico che suddivide uomini e donne in due file distinte, sulla base del sesso riportato sui documenti, che è così lungo e costoso rettificare per noi persone transgender, senza che questo abbia oltretutto alcun tipo di utilità per la buona riuscita dell’operazione in corso. Non trovo alcuna valida motivazione per la quale nell’esercizio del voto dovrebbe essere messa così in evidenza la mia identità anagrafica, la quale non corrispondendo alla mia reale identità mi provoca imbarazzo, che sono costretto a vivere alla vista di persone a me sconosciute.
Ho avuto l’occasione di poter votare solo una volta da quando sono maggiorenne ma ovviamente mi è stato imposto di dirigermi presso la fila delle urne femminili in quanto ogni mio documento di identificazione è ancora al femminile e presenta il mio nome anagrafico. Questo tipo di esperienza mi ha creato molto disagio poiché non vi era alcuna possibilità di votare in una cabina elettorale “neutra”, adeguata al mio genere.
Per questo richiedo il diritto di votare presso urne idonee e dare la possibilità a persone come me di non dover forzatamente rivelare il proprio genere biologico ogni qual volta sia possibile esercitare il proprio diritto di voto.
Quando ho votato per la prima volta me lo ricordo ancora, ero in una scuola vicino casa dei miei e arrivo lì ed io e mia madre ci dividiamo, lei va dove vanno “le signore” ed io vado dove vanno “i signori”. In quella scuola infatti avevano diviso addirittura in due classi diverse uomini e donne. Aspetto da solo, ero ancora una ragazza poco intraprendente. Mi trovo lì davanti con questi signori che mi schedano, mi infilano in delle caselle e mi dicono cosa fare. L’eccitazione del momento del voto superava il senso di inadeguatezza della situazione.
Negli anni a venire ho votato tante altre volte, ho fatto parte di comitati per la promozione di raccolte firme per referendum e tanto altro. Eppure c’era sempre quell’etichetta “uomo” che non mi sentivo addosso.
Sono andato a votare solo una volta da quando ho scoperto la mia identità di genere. ma anche pre-testosterone ho avuto disagio nel presentarmi al seggio, sia per i documenti ancora “al femminile” sia perché la fila era divisa UOMO/DONNA.
Questo disagio lo vivono molte persone trans e non binarie: dividere i seggi in base al genere maschile o femminile trovo che sia un modo molto cis-normato e trans-escludente, la società non è composta solo da persone che si identificano con il genere assegnato alla nascita.
Questo porta le persone non cisgender ad essere scoraggiati nell’andare a votare, se non sono persone dichiarate in società soprattutto, ma anche quando sono out perché il disagio che si prova a essere smistat* in una fila alla quale non ci si sente di appartenere porta una forte disforia di genere.
Ritengo utile riportare un episodio significativo, relativo all’ultima volta che mi sono recato al seggio. In tale occasione infatti, oltre al disagio solito degli sguardi altrui dovuti al fatto che mi trovassi nella fila delle donne pur avendo un aspetto evidentemente maschile, sono stato più volte redarguito e sgridato in maniera aggressiva dalla presidente di seggio proprio a causa del fatto di “trovarmi nella fila sbagliata”. Consegnato il documento alla persona che si occupava del registro delle donne, questa, anch’essa dopo un richiamo da parte della presidente, si è trovata a dichiarare ad alta voce di fronte a tutte le persone presenti nella stanza, che ero una donna e che quindi appartenevo a quella fila e a quel registro. È stato un momento particolarmente imbarazzante e in cui mi sono sentito veramente a disagio, in un contesto non minimamente preparato alla sola esistenza di una persona trans e subendo di fatti un doppio outing, sia nel dovermi porre personalmente in una fila recepita come sbagliata, sia nell’essere dichiarato ad alta voce come donna di fronte a persone sconosciute e in un contesto talmente impreparato alla mia esistenza.
Quelle degli ultimi anni sono state situazioni di disagio e impreparazione dell* volontar* ai seggi che, vedendomi nella fila delle donne con un aspetto evidentemente maschile, mi hanno ripreso più volte davanti a tutte le altre persone. Ho dovuto giustificare, sempre davanti a tutti, la mia presenza nella fila femminile, ma ogni volta per farmi capire fino in fondo ho dovuto attendere di mostrare i documenti. Il mio nome anagrafico femminile ovviamente veniva letto a voce alta dai volontari, in modo da confrontarsi su “come comportarsi in quel caso anomalo”. Una volta è stato addirittura messo in dubbio che quelli fossero proprio i miei documenti, che ci doveva essere un errore, o che doveva essere “uno scherzo di cattivo gusto”. Ognuno di questi momenti sono per me fonte di grande disagio e imbarazzo, non perché io mi vergogni a far sapere che sono una persona trans, ma perché in quel momento non potevo scegliere di non fare coming out: è una vera e propria costrizione.
Cosa puoi fare?
Puoi attivarti come volontariə rendendoti disponibile ad accompagnare persone trans* ai seggi e invitando i tuoi contatti a firmare la petizione.